Archive for febbraio, 2010

Sulle Tute Blu e il Comune

mercoledì, febbraio 17th, 2010

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Caro Mario Mannucci, caro responsabile della Nazione di Pontedera,

l’articolo pubblicato ieri dal vostro giornale ha il grande merito di aprire una riflessione sulla città e sulle dinamiche sociali in atto.

Occorre però ristabilire alcuni dati reali. Innanzitutto è ingeneroso e non rende giustizia alla pur interessante riflessione titolare che: “Il governo della città dimentica le tute blu”. Il governo della città, che poi sarebbe la mia giunta, NON dimentica affatto le tute blu. Il fatto che non ci siano piaggisti tra i consiglieri e nella giunta non significa affatto che ci sia distanza tra questa amministrazione e le esigenze degli operai e delle maestranze Piaggio. Voglio semplicemente ricordare che il primo impegno di questa amministrazione è stato quello di visitare tutte le aziende in crisi del territorio. Lo abbiamo fatto con discrezione e rispetto, come abbiamo messo in campo iniziative sulla crisi. Non manca l’attenzione. E’ vero invece che non ci sono piaggisti e gli operai sono pochi in Consiglio.

Proviamo a riflettere sul perché.

Innanzitutto i consiglieri vengono eletti e votati: sono state molte le forze politiche che ne hanno messo alcuni in lista. Ma non hanno preso i voti sufficienti. Perché non sono stati votati?

La mia opinione prende atto di due aspetti. Il primo è che le istanze tipiche del mondo operaio non sono più solamente peculiari di quel mondo. Mi spiego meglio. Operai, precari, impiegati, ma persino giovani professionisti, co.co.pro, e altre nuove figure sociali hanno ormai le stesse istanze ed esigenze: per cui la rappresentanza di tali figure è probabile che non spetti più solamente ad una precisa categoria.

Oggi un operaio con posto fisso, casa e famiglia alle spalle non è socialmente “più debole” di un giovane laureato che fa la pratica, di un piccolo commerciante, di un pensionato o di un giovane con contratto a termine. Vorrei ricordare, tra l’altro, che un assessore della mia giunta guadagna 1000 euro al mese (senza tredicesima). Sempre più la classe sociale di riferimento non dipende solo dal lavoro: anche perché siamo in un Paese nel quale il 60% della ricchezza dipende dalla rendita e non dagli stipendi: è questa una delle grandi ingiustizie del Paese e uno dei temi da affrontare. Il lavoro deve tornare ad avere dignità, ad essere fondamentale nel Paese. Ovviamente questo non vuol dire che il mondo operaio non abbia delle specificità e che spesso per gli operai il ventaglio delle opportunità è diverso da quello di altre categorie.

C’è un secondo fenomeno a Pontedera. In realtà nella nostra città vivono solo una parte dei piaggisti (intorno al 20% della forza lavoro metalmeccanica) gli altri vengono dalla Valdera, da Cascina, Pisa, Livorno. Questo è un dato di cui tener conto, come un dato di fatto è che nelle aziende dell’indotto gli operai siano molti cittadini stranieri che, come noto, non possono votare ed essere eletti.

Per questo ritengo la riflessione di Mannucci intelligente ed utile. Utile perché ci dovrebbe far riflettere non su “chi fa politica” ma sul “perché e per chi si fa politica”. Io non ho lasciato la mia attività tuttavia sento la necessità di impegnarmi per proporre una politica che vuole rendere meno forte il divario sociale tra i miei cittadini. Non tutte le forze politiche vogliono questo. Occorrerebbe ripartire da poche semplici realtà per capire meglio le differenze nel Paese. Che ci sono. Ma che non dipendono solo dal colore della tuta o della divisa che indossiamo.

Pontedera 12 febbraio 2010

Intervento sulle foibe

martedì, febbraio 16th, 2010
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Commemorazione dei caduti delle Foibe

Con la legge numero 92 del 30 marzo 2004 il Parlamento italiano ha istituito – per il 10 febbraio di ogni anno, il «Giorno del ricordo».

Nella legge si spiega che:

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”.

Negli ultimi anni le scuole di ogni ordine e grado hanno effettuato percorsi didattici sui confini orientali dell’Italia dall’Ottocento alla Liberazione, sulle foibe, sull’esodo istriano.

La scelta del giorno del 10 febbraio è stata fatta perché in quella data, nel 1947, venne ratificato il Trattato di pace di Parigi che sanciva il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico.

Tutti sappiamo cosa accadde in quei luoghi.

Già alla fine del fascismo si scatenò in quei territori(e qui faccio mie le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del “Giorno del ricordo“. Roma, 10 febbraio 2007)…” una prima ondata di cieca violenza. Nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse.. “

Nel dopoguerra e nei decenni immediatamente successivi non furono mai effettuate stime scientifiche del numero delle vittime, che venivano usualmente indicate in 15.000 (e talvolta aumentate fino a 30.000). Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli anni ‘90. Una quantificazione precisa è impossibile, vi è infatti una generale mancanza di documenti. Gli studi effettuati recentemente valutano il numero totale delle vittime (comprensive quindi di quelle morte durante la prigionia o la deportazione) come compreso tra poco meno di 5.000 e 11.000. Tra i caduti figurano non solo personalità legate al fascismo ma anche ufficiali e funzionari pubblici, parte dell’alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo, tra cui compaiono esponenti di organizzazioni partigiane o anti-fasciste, sloveni e croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini. A salvarsi furono in 350mila. Abbandonarono tutto e scelsero l’esilio dall’Istria.

Si tratta di uno dei capitoli dolorosi della nostra storia recente.

Ma è stato lo stesso Presidente Napolitano che negli scorsi anni ha avvertito: “Le nuove generazioni non possono lasciar pesare sull’amicizia tra i nostri paesi (Italia e Slovenia) le colpe e le divisioni del passato”. Tuttoggi e troppo spesso queste ferite tornano a sanguinare e a riaprire contrasti con le giovani democrazie a noi vicine.

Per quanto riguarda la storia, invece, Napolitano precisa che un conto e’ non guardare troppo al passato, un altro rimuovere. E allora ci vuole una “obiettiva ricognizione storica”. Punto primo: “La memoria che coltiviamo è innanzitutto quella della dura esperienza del fascismo e delle sue responsabilita’ storiche”. Da questa presa di coscienza nacque l’Articolo 11 della Costituzione. Punto secondo: “Non cancelliamo nulla, tantomeno le sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del regime e della guerra”. Ragione per cui “non possiamo nemmeno dimenticare le sofferenze. Fino all’orribile morte, inflitte ad italiani assolutamente immuni da ogni colpa “.

La memoria, – è stato scritto -, dà forma e senso alla vita, proteggendola dal nulla e dall’oblio’. Con il ‘giorno della memoria’, l’Italia ha iniziato un cammino, per uscire da quel ‘nulla’ e dall’oblio e prendere finalmente coscienza di un passaggio drammatico, crudelissimo, ma incancellabile della sua storia.

Nella tragedia, gli anni delle foibe sono stati anche anni di sconfitta delle elevate tradizioni cosmopolite della città di Trieste e di tutta la Venezia Giulia, territori segnati da una formidabile dimensione multiculturale e dalla presenza sociale e culturale di consistenti e nobili comunità slovene e croate. È singolare, ma penso che non sia un caso, che la morte nelle foibe, le persecuzioni, la repressione abbiano colpito non solo i cittadini del Friuli Venezia Giulia e gli abitanti di Trieste, Gorizia, Fiume e dell’Istria tutta, ma anche i tanti italiani rimasti oltre il confine, vittime di un esilio massiccio e crudele. Dobbiamo alla volontà e alla forza degli italiani che vivevano fuori dalla loro patria se, in un contesto storico e politico difficile e spesso ostile, è stata mantenuta viva anche in quelle terre la memoria della cultura di lingua italiana e il ricordo fiero della straordinaria civiltà dell’adriatico orientale, ricca di storia, di forza intellettuale, di sapienza nel lavoro, di operosità, di esperienza nella vita sul mare e nel lavoro contadino.

Veniamo adesso più vicino a noi.

Negli ultimi giorni a Pontedera sono apparsi dei manifesti, sui muri della città, a firma di una sconosciuta “Uncrsi” nei quali si fa riferimento ai “martiri delle foibe” e nei quali si riporta in evidenza, nell’angolo in basso a destra, dove normalmente viene posizionato il simbolo delle associazioni, una foto di una Croce Celtica. Il manifesto è studiato in maniera magistrale. Infatti solamente la croce celtica stilizzata è riconosciuta come simbolo vietato dalla legge Mancino. Nel 1993, la legge Mancino ha sanzionato l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce celtica stilizzata si trova ad essere equiparata alla svastica del nazismo, costituendo apologia di reato. Nella legge però non si fa riferimento alla croce celtica che in molti casi si trova nelle lapidi dei cimiteri, ad esempio nei paesi anglosassoni. Il Comune di Pontedera di fronte a questi riferimenti ambigui ha immediatamente segnalato alla questura questi manifesti per le misure opportune che saranno valutate dagli organi competenti. Sabato scorso inoltre si sono sfiorati momenti di tensione tra gruppi di estrema sinistra e i nostalgici dell’Uncrsi. Si tratta di episodi che condanniamo: la città non ha bisogno di queste tensioni.

Questa Amministrazione Comunale condanna il fascismo e ogni suo richiamo. Il Comune di Pontedera coltiva da sempre la democrazia. Che significa anche ricerca della verità senza pregiudiziali.

In questa città abbiamo dedicato una Piazza al nostro concittadino Gino Luperini, testimone positivo del triste capitolo dell’aggressione fascista alla Jugoslavia. Ma abbiamo anche ricordato le Vittime delle Foibe dedicando loro, qui, un’altra strada.

L’Amministrazione Comunale vuole continuare questo percorso di ricostruzione della verità storica, senza alcuna strumentalizzazione politica. Per questo abbiamo deciso oggi di presentare anche un documento, ad opera di alcuni docenti dell’Iti Marconi su “La storia dei confini italiani orientali: guerre, fascismo, foibe, esodo”.

Ma il capitolo delle foibe, dunque, non cambia la sostanza della storia: violenza richiama violenza. La condanna delle ideologie, come quella fascista, che fecero della violenza un valore, è inappellabile. Ed anche il capitolo delle foibe fu, di fatto, anche se non unica causa, certamente anche una conseguenza della disavventura nella quale il fascismo ci portò. Senza tacere la reazione criminale di bande che usarono la vendetta e la pulizia etnica verso i nostri connazionali e la volontà, anch’essa di stampo etnico e nazionalistico, di cancellazione della presenza culturale italiana.

Come nazionalistiche e razziste erano le motivazioni alla base dello sterminio nazista di popoli e oppositori. Pochi istanti fa abbiamo ricordato anche le vittime dell’olocausto, la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Anche di questo dobbiamo ricordare. Anche questo pesante fardello ha accompagnato la seconda guerra mondiale e le tristi ideologie nazi-fasciste di superiorità della razza.

Non si va avanti senza ricordare ma non si va avanti nemmeno guardando solo al passato. Il mondo cambia: oggi le sfide sono altre e davvero impegnative. Il Comune oggi è impegnato a rispondere a queste sfide derivanti dal fatto che il mondo è sempre più piccolo ed interdipendente e assolutamente ingovernabile e persino non interpretabile con le logiche nazionalistiche o con gli strumenti ideologici dello scorso secolo. Chiediamo quindi a tutti di guardare al futuro e non solo al passato, evitando soprattutto di strumentalizzare questo passato, e i suoi morti, ai fini della lotta politica.

Morti che invece richiedono soltanto il rispetto e l’affettuosa memoria di tutti noi. E’ questo l’appello che lancio alla città e ai presenti che ringrazio per aver condiviso questa riflessione e questa commemorazione.

Pontedera 10 febbraio 2010

Intervento in occasione dell’inaugurazione delle nuove strutture ospedaliere e sull’installazione della statua di Mikò in memoria di Suor Ilaria Meoli

martedì, febbraio 9th, 2010

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Cari cittadini, gentili autorità,

a tutti voi porto il saluto della città di Pontedera e dell’Amministrazione Comunale.

Nella presentazione di questa giornata si è detto che oggi inauguriamo il “futuro” dell’ospedale Lotti. Condivido ed apprezzo questa definizione. Non inauguriamo solo le strutture, le aree rinnovate, i nuovi spazi con lavori complessivi per oltre 20 milioni di euro. Inauguriamo qualcosa di meno visibile ma altrettanto importante: oggi apriamo una nuova fase di questo importante ospedale. Una fase nella quale, grazie a questi nuovi lavori, il Lotti sarà più ricco di possibilità, più comodo, più vicino alle esigenze dei cittadini, più adeguato a curare e migliorare la salute dei cittadini. Da oggi questo futuro significa che i cittadini staranno ancora meglio. Che la loro salute sarà ancora più garantita.

Questo è il momento anche per ricordare una nostra concittadina che ha lavorato e dedicato tutta la sua vita per far “stare meglio“ tanti cittadini, lontano da noi, in Africa: Suor Ilaria Meoli.

Anche il Comune di Pontedera ha potuto contribuire alla sua grande missione.Tutto cominciò nel 2004, quando l’allora sindaco Paolo Marconcini incontrò Suor Ilaria Meoli, Medico infettivologo, pontederese, religiosa della Congregazione delle Suore Carmelitane di S. Teresa di Torino, da anni impegnata a conoscere e a curare le malattie della popolazione locale in diversi Paesi africani. Suor Ilaria parlò dell’idea di costruire un ospedale nel cuore dell’Africa, a Bossemptélé, in Repubblica Centrafricana, una piccola cittadina a 300 km a nord-ovest della capitale Bangui. L’Amministrazione Comunale, da anni coinvolta in azioni di cooperazione internazionale e di solidarietà, assicurò l’impegno sostenendo l’Associazione “Noi per l’Africa – Onlus”, nata per la realizzazione dell’ospedale “Giovanni Paolo II” a Bossemptélé. Alla realizzazione hanno contribuito il comune di Pontedera ma anche la Conferenza Episcopale Italiana, oltre a diversi soggetti privati L’ospedale è in uno strategico punto di passaggio a Bossemptélé ed è un presidio di straordinaria importanza umana e sociale. Gli ospedali cambiano le vite: le migliorano.

Oggi è chiara a tutti la grandezza del lavoro di questa nostra concittadina. Pontedera fu sconvolta dalla notizia della sua morte in conseguenza di un incidente avvenuto nella terra che lei amava ed aiutava. Ricordarla, in questa giornata, significa per noi vivere sentimenti contrastanti: da una parte la tristezza e la malinconia per la sua precoce scomparsa e dall’altra gioia e orgoglio per ciò che lei ha fatto, per averla conosciuta, per aver apprezzato la sua grande generosità, perché siamo suoi concittadini.

Questa statua, donata alla città dall’associazione “Noi per l’Africa” (e di questo ringrazio la Presidente Laura Capantini) e realizzata dall’artista Giancarlo Mikò, ci ricorda la sua figura, in un luogo, sono certo, che lei avrebbe molto apprezzato: l’ospedale della sua città. Saluto la famiglia di Ilaria che ha voluto oggi essere presente con noi in questo momento di ricordo e di affetto.

La gratitudine del nostro territorio, della nostra comunità, va oggi anche ad Enrico Rossi, già sindaco di Pontedera e assessore regionale alla sanità da dieci anni. Enrico in questi dieci anni a Firenze ha lavorato dedicando sempre grande attenzione al nostro territorio. Anche da assessore regionale ha avuto a cuore le sorti della nostra città e della Valdera. A lui Pontedera deve veramente tanto. A lui devono tanto anche coloro che hanno a cuore una sanità pubblica efficiente e l’universalità del diritto alla salute.

La Regione Toscana, grazie al suo apporto ed alle sue capacità, è ormai riconosciuta a livello nazionale, come una delle regioni dove il sistema sanitario pubblico ha raggiunto un livello di qualità eccellente ed oggi questo modello viene visto come esempio virtuoso da seguire.

In una fase storica difficile come questa, ove vi è una crisi sociale ed economica che sta attraversando il nostro paese, occorre rafforzare le politiche socio sanitarie sul territorio e mantenere alto il livello dei nostri servizi sociali e sanitari.

Per questo non dobbiamo fermarci. In questi giorni la Regione ha sostenuto altri progetti presentati dalla Società della Salute. Ben due milioni di euro sono stati destinati a importanti presidi socio-sanitari a Pontedera e in Valdera. Proseguiremo su questa strada.

Per quanto detto oggi inauguriamo “il futuro” e non solo un ampliamento infrastrutturale. Un futuro che sarà grande ed importante soprattutto grazie alle persone che vi lavorano. Colgo l’occasione, infatti, per ringraziare tutti coloro che ogni giorno operano per la salute dei cittadini, dai medici, agli infermieri a tutto il personale del Lotti: senza di voi, senza la vostra qualità professionale, senza la vostra passione, la vostra umanità, la vostra dedizione al lavoro, questi risultati non si sarebbero mai potuti conseguire.

Un ringraziamento, e concludo, al direttore generale Teresa de Lauretis che, con competenza e professionalità, ha saputo guidare questo percorso di consolidamento ma anche di rinnovamento.

Grazie.

Sui manifesti apparsi in città

venerdì, febbraio 5th, 2010

Nelle ultime ore a Pontedera sono apparsi dei manifesti, sui muri della città, a firma dei nostalgici della Repubblica Sociale di Salò, “Uncrsi”, nei quali si fa riferimento ai “martiri delle foibe” e nei quali si riporta in evidenza, nell’angolo in basso a destra, dove normalmente viene posizionato il simbolo delle associazioni, una foto di una Croce Celtica. La croce celtica stilizzata è riconosciuta come simbolo vietato dalla legge Mancino. Nel 1993, la legge Mancino ha infatti sanzionato l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce celtica stilizzata si trova ad essere equiparata alla svastica del nazismo, costituendo apologia di reato. Il Comune di Pontedera di fronte a questi riferimenti ambigui ha immediatamente segnalato alla Questura questi manifesti per le misure opportune che saranno valutate dagli organi competenti. Questa Amministrazione Comunale condanna il fascismo e ogni suo richiamo. I manifesti in questione sono volutamente ambigui e di cattivo gusto raffigurando anche un cimitero tetro. Il Comune di Pontedera coltiva da sempre la democrazia. Che significa anche ricerca della verità senza pregiudiziali. In questa città abbiamo dedicato una Piazza al nostro concittadino Gino Luperini, testimone positivo del triste capitolo dell’aggressione fascista alla Jugoslavia. Ma abbiamo anche ricordato le Vittime delle Foibe dedicando loro un’altra strada: molti di loro furono vittime innocenti delle follie e delle vendette di una guerra voluta dal nazifascismo. E l’Amministrazione Comunale con linearità e onestà intende affrontare i temi della completa e complessiva vicenda storica, senza alcuna strumentalizzazione politica: il prossimo 10 febbraio il Comune, insieme anche alle scuole, ricorderà ad esempio questi eventi. Ma il capitolo delle foibe, pur drammatico e triste, non cambia la sostanza della storia: violenza richiama violenza. La condanna delle ideologie, come quella fascista, che fecero della violenza un valore, è inappellabile. Ed anche il capitolo delle foibe fu una conseguenza della disavventura nella quale il fascismo ci portò e del quale il fascismo porta la responsabilità assoluta. Pur senza tacere, ovviamente, la reazione incontrollata e spesso criminale di coloro che usarono la vendetta e la pulizia etnica verso i nostri connazionali. I nostalgici di una stagione triste e di terrore come fu quella fascista sappiano che a Pontedera, città dalle profonde tradizioni democratiche e solidali, non troveranno un terreno fertile per le loro strumentali celebrazioni e nemmeno per promuovere volgari e grossolane riletture della storia.

29/01/2010