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Intervento del Sindaco di Pontedera su Congresso PD ed elezioni

lunedì, gennaio 30th, 2017

“SE IL PD VUOLE GUIDARE IL PAESE VERSO IL FUTURO DEVE COSTRUIRE ATTRAVERSO IL  CONGRESSO LA SUA NUOVA PROPOSTA”

“All’indomani del voto sul referendum del 4 dicembre scorso mi soffermai, analizzando “a caldo” l’esito delle urne, sulla necessità di garantire all’epoca l’approvazione della legge di bilancio, cosa poi avvenuta, oltre al fatto di predisporre una legge elettorale condivisa che potesse riequilibrare il rapporto tra governabilità e rappresentanza, auspicando la formazione di un governo che traghettasse il Paese alle prossime elezioni e si occupasse delle urgenze individuate dal Presidente della Repubblica.
Chiesi, da esponente politico, prima ancora delle elezioni, di anticipare il congresso del partito in modo tale da aprire un confronto libero al nostro interno tale da definire e chiarire la linea politica da seguire, a partire da una correzione seria della rotta che per me significava, e significa tutt’oggi, una svolta culturale e politica ed il recupero dell’identità di un centrosinistra di governo.
Fu una voce superata per quantità e tonalità da quella che auspicava e chiedeva elezioni subito.
Oggi, anche alla luce della recente sentenza sull’Italicum, ritengo ancor più valide ed attuali quelle mie riflessioni: aprire, senza ulteriori scorciatoie e tentennamenti, una fase congressuale.
Un congresso che definisca, con chiarezza, il profilo culturale e politico del nostro partito riportandolo ad elaborare un pensiero autonomo in grado di parlare al paese, di ascoltare e dialogare con quelle parti della società duramente colpite dalla crisi.
Un congresso che si interroghi profondamente su cosa vuol dire essere iscritti ad un partito nel 2017 e che consenta ad una comunità politica organizzata di contribuire, di nuovo, ad elaborare, a livello locale e nazionale, l’orizzonte dei propri obiettivi, le idee ed i valori al servizio di un progetto di società.
Il congresso deve esser l’occasione per tornare finalmente ad essere un partito e dismettere le sembianze di un comitato elettorale permanente, l’occasione per immergersi di nuovo, parlando un linguaggio di realismo, nei quartieri e nelle periferie italiane a contatto con il precariato, con le classi operaie, con i giovani che non trovano lavoro, con quella società insomma attraversata da un profondo disagio e che non ci vede oggi più come speranza per un futuro migliore.
Tornare ad essere un partito con una chiara  impronta di sinistra progressista vuol dire  costruire una proposta politica nazionale sui temi del lavoro, delle disuguaglianze, dell’ambiente, della redistribuzione del reddito, che sappia cioè immaginare formule nuove in grado di declinare equità e sviluppo e dimostri consapevolezza ed attenzione alla crisi più grande del nostro tempo: il rapporto tra capitalismo e democrazia.
Tornare ad essere un partito che abbandoni la vocazione maggioritaria che ci ha condotto in questi anni ad un “felice” isolamento ed al contrario possa essere  un protagonista inclusivo capace di rigenerare il campo progressista di una rete di alleanze politiche e sociali capaci di riallacciare connessioni profonde, oggi incrinatesi, con molti strati della società civile, i movimenti e le associazioni del civismo e della legalità.
Tornare ad essere un partito che parli i linguaggi nuovi della politica ma che scelga, con l’ausilio di un bagaglio culturale e valoriale da costruire, da che parte stare sui grandi temi del presente.
Occorre farlo insieme, cambiando prospettiva, lavorando ad una “Rivoluzione Socialista” che metta al centro della propria agenda politica il tema della redistribuzione della ricchezza e di un serio e credibile piano contro la povertà, a partire dal reddito di inclusione.
Nel tempo in cui si insedia Trump alla Casa Bianca, in cui si assiste al protagonismo della Russia di Putin, all’avanzare delle destre e dei populisti, all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, occorre rispondere non con meno ma con più ideologia rivolgendo la nostra proposta politica ad una maggiore giustizia sociale, al lavoro, alle diseguaglianze, ai più deboli, al ceto medio impaurito perché impoverito; per farlo è indispensabile strutturare una cornice riconoscibile di valori e di riferimenti culturali.
Sarebbe a mio avviso un errore presentarsi al paese senza aver prima compiuto questo sforzo progettuale, senza aver compreso la lezione del 4 dicembre, senza saper indicare quali soluzioni, quali speranze e quale futuro prospettare ai drammi ed alle sofferenze dell’Italia che arranca e soffre.
L’unica forza politica che ha il respiro e la visione per affrontare tali sfide è, ancora, il Partito democratico.
Per quanto posso mi impegnerò affinché si possa aprire una stagione politica di rinnovata unità ancorata al profilo di una sinistra moderna ed europea capace di perseguire la sfida del riformismo e di arginare il populismo dilagante.”

Pontedera, 28 gennaio 2017

Simone Millozzi

Situazione dell’Unione: “Il Segretario provinciale del PD ha tracciato la strada giusta”

martedì, luglio 19th, 2016

Apprezzo e condivido il ragionamento che il Segretario del Pd Provinciale Alessio Lari ha reso alla stampa sulla situazione dell’Unione. Un paio di aspetti del suo intervento mi paiono essenziali per uscire dallo stato di impasse che in Valdera si è venuto a creare con l’uscita di alcuni comuni e quella annunciata di Ponsacco.

In primo luogo l’idea che solo innovando e rilanciando un progetto politico ed amministrativo di area, anche attraverso la pianificazione congiunta delle politiche del territorio e con un modello di governance pur da aggiornare, la Valdera intera potrà avere e far valere una propria visione futura all’interno del più generale rilancio dell’area vasta Toscana legata alla costa.

D’altro canto non può essere abbandonata l’idea di fondo che aveva originato la nascita dell’Unione: creare un sistema amministrativo organizzato capace di erogare servizi di pari qualità a tutti i cittadini della Valdera, sia che abitassero nei centri più grandi che in quelli più piccoli, tendendo alla pari dignità ed opportunità di accesso per tutti secondo il principio della doppia cittadinanza.

Il richiamo del Segretario Provinciale del Pd Alessio Lari deve esser fatto proprio da ogni territorio che abbia ancora la voglia di perseguire l’obiettivo ed il sogno di un tempo: migliorare ulteriormente la rete di protezione e di assistenza sociosanitaria, puntare in ambito scolastico ed educativo alla creazione di infrastrutture materiali (poli scolastici di eccellenza) ed immateriali (coordinamenti pedagogici ed educativi come il CRED o gli altri laboratori di programmazione in grado di garantire supporto all’autonomia scolastica), concepire nuovi sistemi integrati di mobilità sostenibile utili a facilitare l’interconnessione ciclabile, pedonale, veicolare e legata al trasporto pubblico locale tra i nostri Comuni.

La Valdera che è per sua natura policentrica, non può permettersi di affrontare le sfide che ha davanti senza un governo unitario che sappia capitalizzare la straordinaria ricchezza delle sue diverse vocazioni: nel tempo che stiamo vivendo chiudersi all’interno del proprio confine e rimaner fermi equivale ad arretrare.

In questo quadro auspico altresì come opportuno e necessario un intervento della Regione Toscana per la revisione della LR 68/2011 anche alla luce delle recenti riforme istituzionali, sia per continuar ad incentivare percorsi di fusione partiti dal basso con il coinvolgimento delle comunità di comuni strettamente legati da una collaborazione amministrativa e socioculturale , sia per rafforzare l’esperienza delle Unioni già consolidate “calibrando” tuttavia in modo diverso i requisiti per l’accesso ai contributi.

Sono dunque disponibile a dare tutto il mio supporto ed appoggio al percorso che Alessio Lari ed il Partito Democratico ha annunciato di voler perseguire per dare nuovo slancio alla Valdera e rispondere ai bisogni dei nostri cittadini.

 
*Simone Millozzi

Sindaco di Pontedera

 

Sul rilancio dell’Unione Valdera

martedì, luglio 12th, 2016

“Ritengo senz’altro condivisibili le parole ed il ragionamento del Presidente Corrado Guidi per il rilancio del ruolo dell’Unione nelle prospettive di sviluppo della Valdera.
In relazione a presunti ulteriori e nuovi scricchiolii, che, come sembra emergere leggendo la stampa locale, parrebbero dipendere dal ruolo di Pontedera, mi preme specificare quanto incidentalmente già detto in altre occasioni.
Il Comune di Pontedera, d’intesa con tutti gli altri, ha sempre promosso ed informato la propria azione al principio cardine che guida i lavori della Giunta dell’Unione: la pari dignità di tutti i sindaci che vi prendono parte: nella prassi, prima che nella formula statutaria, ogni decisione è stata adottata, salvo rarissimi casi, all’unanimità dei comuni partecipanti; questa circostanza, più di ogni altra suggestione, mi pare la prova provata della condivisione pressoché totale con cui la Valdera fino ad oggi è stata costruita e governata. Allo scopo mi preme ricordare che il sottoscritto, esattamente come ogni altro sindaco di ogni altro comune, ha messo a disposizione del progetto della Valdera unita un contributo costruttivo trasferendo parte della propria sovranità e della struttura amministrativa al servizio di un progetto realmente comune e di area vasta.
All’interno di ogni struttura nata da un patto costitutivo forte e strutturato (il concetto vale in generale anche per l’Unione Europea) è per definizione un errore politico ed amministrativo ritenere che l’interesse particolare del singolo componente possa esser perseguito meglio ed al di fuori del perimetro che circoscrive l’interesse collettivo. Riguardo alla nostra Unione, mentre dal punto di vista organizzativo e funzionale ben può esser perseguita con efficacia ed efficienza la ricerca di singole collaborazioni per sottoambiti omogenei mi pare invece fuori luogo, fuori dal tempo oltreché antieconomico, pensare di costituire nuovi poli finalizzati più o meno celatamente alla costruzione di contrappesi (in)utili a colmare una presunta marginalità di questo o quel comune rispetto a Pontedera: il più delle volte finisce per esser subalterno soltanto chi si sente tale.
Ricordo che mai al tavolo dei Sindaci il sottoscritto si è permesso di far valere il peso del numero degli abitanti, della posizione geografica, della presenza sul territorio di infrastrutture zonali  (Ospedale, stazione, scuole superiore, servizi…);  sempre invece si è cercato di mettere a fattore comune la vocazione e le variegate esigenze dei singoli territori della Valdera per costruire un sistema territoriale capace, come è stato, di far valere le proprie istanze di area sui tavoli regionali e nazionali a beneficio dei cittadini che ci vivono e ci lavorano.
Sotto altro profilo è altresì vero che vi debba essere una assunzione di responsabilità politica chiara e netta da parte del partito che esprime ed appoggia per la quasi totalità la classe dirigente amministrativa  dei comuni che oggi compongono l’Unione: il Partito Democratico non può non  far sua una posizione che ponga il rilancio del governo associato della Valdera come una esigenza prioritaria ed indifferibile ancorata ad una visione territoriale e strategica d’insieme non piegata né piegabile ai “desiderata” di un sindaco piuttosto che di un altro.”

Simone Millozzi
Sindaco di Pontedera.

Il messaggio delle elezioni

martedì, giugno 21st, 2016

Sono tra quelli che hanno l’abitudine di non commentare in diretta i risultati elettorali poiché mi preme cercare di capire davvero che cosa i cittadini hanno voluto dire con il loro voto.
Con la mente fredda di qualche ora ritengo di poter affermare che in tutta Italia, così come in Toscana, si sia sedimentata in una parte importante dell’elettorato un atteggiamento che può esser riassunto nel “tutti tranne Renzi ed il PD”. È chiaro che trattandosi di elezioni amministrative, per una analisi seria e non strumentale, debbano sempre tenersi in considerazione le sfumature legate alle singole comunità, ai singoli candidati ed alle peculiarità di quella storia locale. Ma il filo rosso che mi pare accompagni il contesto politico generale possa esser questo.
La prima domanda che mi pongo è perché l’azione del Presidente del Consiglio e del Partito Democratico abbiano suscitato per un verso astensione e freddezza nel suo elettorato e per altro verso insofferenza e livore di un segmento di società così diverso ed eterogeneo ma coalizzato in modo naturale verso il candidato contro (sia esso del M5S, della Lega oppure di destra)?
La risposta che mi viene senza imbarazzo è che proprio il leader del maggior partito di centrosinistra, nella fretta di una rottamazione (troppo) frenetica, abbia sdoganato e fatto proprio il germe antistorico dell’antipolitica inseguendo e tamponando (in modo effimero) il cavallo di battaglia del movimento di Grillo ed il divano silenzioso dei delusi della politica.
Semplificando un po’ questo ragionamento credo che si possa giudicare come imperdonabile l’aver iniettato a dosi massicce nell’opinione pubblica il concetto per cui la distinzione tra destra e sinistra non aveva più motivo di esistere perché soppiantata dalla dicotomia del “nuovo” contro il “vecchio”. Per questa via il segretario del più importante partito della moderna sinistra europea ha creduto di appuntarsi la patente del cambiamento sacrificando sull’altare del consenso la distinzione ontologica, culturale, etica e politica che la storia dell’uomo ha sempre riproposto, seppur con definizioni diverse, fin dai tempi della nascita della democrazia: una politica di destra contrapposta ad una politica di sinistra che, con alterne fortune, si sono legate al ruolo indiscusso di un centro moderato. Abbandonare l’approccio di una visione politica con la P maiuscola della società, soppiantare l’idea cardine per cui i bisogni dei cittadini ed il governo di una città e del paese intero possano esser affrontati e governati con gli strumenti (rinnovati e rinnovabili) della sinistra oppure della destra, tessere legami ed alleanze più o meno efficaci con Berlusconi piuttosto che con Verdini, ritenere che il leaderismo debba e possa soppiantare l’idea di partito inteso come luogo collettivo ed organizzato dell’ascolto, della discussione e dell’elaborazione, ha generato risultati elettorali che oggi ci sorprendono oltremisura.
Se per mesi ed anni abbiamo noi medesimi cancellato il valore e la sostanza della diversità, che invero ritengo ancora profonda tra le soluzioni della sinistra e quelle della destra, è del tutto evidente che a Cascina non possa più aver alcuna presa durante il ballottaggio un messaggio per cui l’avversario era espressione di una forza xenofoba di destra; se per mesi ed anni siamo stati i primi a dire che il valore di una candidatura stava nella sua novità piuttosto che nel suo portato politico, non possiamo considerare i risultati di Torino con Appendino ed a Roma con Raggi una sorpresa quanto, invero, una logica ed una naturale conseguenza dei paradigmi assunti proprio dalla nostra azione politica.
Se per mesi ed anni il PD è diventato a livello locale e nazionale un comitato elettorale permanente in capo al notabile di turno, anziché un soggetto culturale e politico capace, con umiltà e molta meno arroganza, di elaborare una strategia chiara e di lungo respiro, di elaborare un pensiero autonomo in grado di parlare al paese, di tornare a dialogare con quelle parti della società duramente colpite dalla crisi – aree periferiche, aree popolari, classi lavoratrici- non possiamo oggi lamentare incredulità per il risultato elettorale. Questo è il compito di una sinistra moderna, di una sinistra che si fa interprete del disagio e della sofferenza e che ricostruisce con esse un legame solido di fiducia.
Con ciò credo non sia né utile né opportuno chiedere oggi, sull’onda della sconfitta, la “testa” di nessuno né a livello locale né a livello nazionale.
Penso altresì che sia però sbagliato congelare tutto in attesa dei risultati di un referendum costituzionale che già, ancora una volta, abbiamo legato alla sua copertina piuttosto che ai contenuti delle sue pagine.
Penso che sia invece necessario, prima ancora che giusto, che il Partito Democratico si metta a disposizione fin da subito non soltanto per una seria e dovuta riflessione post-voto, quanto piuttosto, per una oggettiva e necessaria autocritica che non si limiti all’autoreferenzialità di chi si guarda l’ombelico ma, al contrario, capace di ascoltare le disuguaglianze del paese che soffre per recuperare e riaffermare il suo profilo di forza progressista e riformatrice di sinistra, tracciando un orizzonte culturale e politico ben definito ed una visione di lungo respiro.”

Simone Millozzi
Sindaco di Pontedera  

Sull’annuncio di Enrico Rossi a candidarsi come segretario del PD

mercoledì, febbraio 24th, 2016
Foto di repertorio: Simone Millozzi con Enrico Rossi

Foto di repertorio: Simone Millozzi con Enrico Rossi

“Ieri sera in una affollatissima cena nella sua e nella nostra Pontedera il Governatore della Regione Toscana Enrico Rossi ha annunciato ufficialmente la sua volontà di candidarsi alla segreteria nazionale del Partito Democratico. Enrico ha precisato che la sua è una candidatura per affermare una idea del Partito che abbia gambe, cuore e testa nei contenuti e nei valori della moderna sinistra europea ed ha opportunamente precisato di volersi sottrarre dalla pericolosa ed inutile antinomia personalistica tra renziani ed antirenziani.
Anticipo che io lo sosterrò convintamente in questo progetto politico perché ne condivido nel profondo gli obiettivi, le passioni e le idealità. Credo io pure, come dice Rossi, che il PD abbia bisogno oggi di smarcarsi dalla totale subalternità rispetto alle pure apprezzabile e per molti aspetti condivisibile azione di governo che il Presidente del Consiglio e Segretario del partito sta portando avanti. Credo infatti che il PD debba tornare ad essere un laboratorio aperto di elaborazione politica, un grande soggetto collettivo capace di confrontarsi con la mutata realtà dei paradigmi sociali ed economici del XXI secolo declinando però i suoi tratti identitari di base: la promozione dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini, la tutela delle libertà, dei principi democratici, dei diritti individuali e collettivi delle persone, l’attenzione ai bisogni della fascia più debole della popolazione; un partito che ritrovi nel lavoro e nella dignità dei lavoratori le ragioni più forti del proprio agire.
Da Sindaco di Pontedera sono fiero ed orgoglioso che il presidente Rossi abbia scelto la nostra e la sua città per raccontare pubblicamente del suo progetto; la comunità che ho l’onore di governare è con i suo 30.000 abitanti un piccolo (grande) centro fatto di industrie e servizi, di molti operai e di un ceto medio cresciuto intorno all’insediamento della Piaggio; in ragione della sua storia Pontedera ha piena consapevolezza che la crescita, lo sviluppo ed il miglioramento delle condizioni sociali individuali e collettive passano attraverso la fatica bella del lavoro; la gente di Pontedera ha nel proprio DNA la capacità di rifuggire le sirene del facile arricchimento, i luccichii finti della finanza creativa, del tutto facile e subito; la gente di Pontedera sa come rifuggire dai demoni che hanno generato la più grande crisi mondiale dal dopoguerra ad oggi.
Sono lieto di accompagnare e dare il mio contributo ad Enrico in questo progetto perché questi valori della città in cui è cresciuto se li è portati e li porta da sempre con sé.

Enrico Rossi

Enrico Rossi

Sono pure convinto che un partito plurale ed aperto come il nostro saprà accogliere la sfida lanciata da Rossi con tutte le forme e gli strumenti che gli sono propri: il concetto di democrazia che segna il suo nome è la rappresentazione plastica dell’anima politica che lo contraddistingue nel profondo; il confronto serio, aperto, onesto, sulle idee e sui contenuti è un capitale di ricchezza che anche in questa occasione saprà utilizzare in favore dell’Italia e degli italiani.
Avanti Enrico che c’è molto da lavorare; noi ci saremo ancora una volta a darti una mano!”
Simone Millozzi
Sindaco di Pontedera