Sulla escalation di violenza in Israele e Palestina

Rispondo volentieri all’invito che mi giunge dalla Tavola della Pace e della Cooperazione di Pontedera, a far sentire la mia voce sulla escalation di violenza in Palestina.
In queste ore, nel sostanziale disinteresse della comunità internazionale, si sta consumando l’ennesima esplosione di violenza in quella terra martoriata. Non possiamo assuefarci a questo stato di cose.
So che non basteranno certo le mie parole, di sindaco di una città italiana, a modificare lo stato delle cose; ma tacere e far finta di non vedere è peggio. Occorre aprire gli occhi su ciò che sta accadendo. E i nostri occhi vedono cose tristi e insopportabili: giovani rapiti e uccisi, rappresaglie su un ragazzino, blitz militari e morti di civili, fanatismo e ideologia. Vediamo un evento di cronaca trasformarsi in una diatriba che coinvolge due interi popoli.
Non c’è pace senza giustizia, e per questo credo anche io che l’Europa debba giocare il suo ruolo diplomatico. Inoltre credo, come quei palestinesi ed israeliani che hanno dato vita ad un appello internazionale, che la Comunità Internazionale abbia il dovere di intervenire affinché sia possibile di nuovo la civile convivenza e la pace.
La nostra indignazione, concordemente a quanto sottolineato da un “Ponte Per”, non può essere selettiva di fronte a questi crimini e non può valere il principio dei due pesi e due misure. “Auspichiamo che i responsabili dei crimini vengano identificati e portati davanti alla giustizia, da entrambe le parti, ma si fermi l’escalation militare come forma di rappresaglia, si blocchi il tentativo della destra israeliana di riaffermare l’equazione secondo la quale ogni palestinese è terrorista e, infine, si rinunci alla violenza per rivendicare le proprie ragioni”. In caso contrario si distrugge ogni speranza di soluzione politica, e negoziata tra le parti, del conflitto.
Da parte nostra metteremo in atto tutte le iniziative affinchè si possa aumentare il livello di consapevolezza internazionale. Non dobbiamo mai “abituarci” alle guerre; nemmeno a quelle lontano da noi.
venerdì 11 luglio 2014

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