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Considerazioni in merito alle dichiarazioni del Sindaco di Cascina sull’accoglienza dei profughi.

venerdì, luglio 1st, 2016

Ho appreso che il mio collega di Cascina Sussanna Ceccardi ha esposto sulla propria pagina social un suo pensiero durante una riunione in Prefettura dedicata all’accoglienza dei profughi.
Quel post ha ricevuto oltre mille apprezzamenti, circa trecento condivisioni ed un centinaio di commenti di sostegno. Sono andato a leggerlo e l’unica cosa che mi pare serio rilevare è che la “persona” non ha ancora colto il senso della “carica” (ci riuscirà senza dubbio con un po’ di tempo ed esperienza).
Sotto un primo profilo schiettamente di metodo rilevo come un Sindaco, di qualunque estrazione politica, debba rispettare in primo luogo il valore delle istituzioni dello Stato; deve altresì rispettarne le leggi al cui interno, e solo lì dentro, può declinare l’autonomia che gli è propria in quanto primo presidio istituzionale di quel territorio. Sono certo che il Prefetto di Pisa, autorità realmente competente sul tema, saprà gestire la situazione “amministrativa” di gestione dei flussi migratori attraverso una ripartizione tra tutti i comuni, in modo equo, organizzato, proporzionale e solidale. Frasi del tipo “Li prendano (i profughi) quei sindaci che sostengono o sono sostenuti da questo governo” evidenziano una mancanza di lucidità e di consapevolezza sul ruolo che la sua comunità le ha conferito. Se valesse il principio affermato dalla Ceccardi i suoi concittadini che non l’hanno votata avrebbero diritto, ad esempio, a non rispettare le delibere del Comune oppure le ordinanze che lei emetterà.
Sotto un profilo di merito mi sento di rivendicare come la campagna elettorale sia ormai conclusa a meno che il Sindaco di Cascina non decida di renderla permanente al modo di Salvini giocando con gli umori e le preoccupazioni legittime dei cittadini e si ostini a soffiare sul fuoco dell’odio, della paura, dell’intolleranza e della xenofobia. Quelle parole hanno lo stesso marchio di fabbrica della “ruspa” leghista: un effetto comunicativo dirompente, irresponsabile e incurante delle “macerie” culturali e sociali che lascia nelle comunità dove riesce a penetrare sfruttandone le fragilità.
Il tutto peraltro senza alcun effetto pratico se si pensa che un leader leghista chiamato a fare il Ministro degli interni anni fa non ha potuto far altro che cercare di distribuire nei vari territori d’Italia l’accoglienza dei profughi arrivati nel nostro paese.
Le città, senz’altro le nostre in Toscana, sono laboratori di reale integrazione gestita quotidianamente con straordinario impegno da migliaia di volontari del terzo settore, da un sistema associativo diffuso e variegato, dal mondo della cooperazione, dalle parrocchie e da tutti gli altri luoghi dell’ascolto e dell’accoglienza del disagio sociale.
Iniettare messaggi di questo tipo in città che con i fenomeni della migrazione sono chiamate a confrontarsi significa ammassare fieno nei magazzini dell’intolleranza con la consapevolezza, o peggio ancora la volontà, di usarlo per bruciare quella coesione sociale costruita faticosamente negli anni.
Urlare le parole dell’emergenza, dell’invasione, di numeri insostenibili mi riporta alla madre di tutte le considerazioni: non stiamo parlando di numeri ma di persone, di quei bambini che hanno avuto la fortuna di non annegare nel mare “nostrum”, di quelle donne e di quegli uomini che hanno venduto alla sorte ed alla disperazione l’unica cosa che possedevano, la propria vita, per fuggire dalla furia disastrosa della guerra e della persecuzione.
Ho sempre avversato la meschinità che si cela dietro atteggiamenti tendenti a sobillare paure e inseguire consensi facili sulla pelle delle tragedie toccate agli esseri umani.
So benissimo, lo sappiamo tutti, che durante una situazione di disagio sociale ed economico com’è quella che stiamo vivendo, del lavoro che manca, del futuro incerto per i propri figli, si accresca nella popolazione la diffidenza del diverso, il timore di ciò che sembra altro, l’idea per cui chi bussa alle nostre porte sia un fastidio ed un pericolo.
Ma questa è la realtà che chi governa deve gestire; questa è la complessità con cui chi amministra deve confrontarsi per cercare soluzioni.
Proprio qui sta l’enorme responsabilità di un Sindaco, di un Presidente di Regione, di un Capo di Governo.
Si tratta di un lavoro che non può esser banalizzato da uno slogan propagandistico piuttosto che da un muro che non può difendere nessuno ed offende, invece ed alla fine, proprio tutti.

Simone Millozzi

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