Intervento sulle foibe

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Commemorazione dei caduti delle Foibe

Con la legge numero 92 del 30 marzo 2004 il Parlamento italiano ha istituito – per il 10 febbraio di ogni anno, il «Giorno del ricordo».

Nella legge si spiega che:

“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado”.

Negli ultimi anni le scuole di ogni ordine e grado hanno effettuato percorsi didattici sui confini orientali dell’Italia dall’Ottocento alla Liberazione, sulle foibe, sull’esodo istriano.

La scelta del giorno del 10 febbraio è stata fatta perché in quella data, nel 1947, venne ratificato il Trattato di pace di Parigi che sanciva il passaggio alla Jugoslavia delle ex province italiane dell’Adriatico.

Tutti sappiamo cosa accadde in quei luoghi.

Già alla fine del fascismo si scatenò in quei territori(e qui faccio mie le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del “Giorno del ricordo“. Roma, 10 febbraio 2007)…” una prima ondata di cieca violenza. Nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse.. “

Nel dopoguerra e nei decenni immediatamente successivi non furono mai effettuate stime scientifiche del numero delle vittime, che venivano usualmente indicate in 15.000 (e talvolta aumentate fino a 30.000). Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli anni ‘90. Una quantificazione precisa è impossibile, vi è infatti una generale mancanza di documenti. Gli studi effettuati recentemente valutano il numero totale delle vittime (comprensive quindi di quelle morte durante la prigionia o la deportazione) come compreso tra poco meno di 5.000 e 11.000. Tra i caduti figurano non solo personalità legate al fascismo ma anche ufficiali e funzionari pubblici, parte dell’alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo, tra cui compaiono esponenti di organizzazioni partigiane o anti-fasciste, sloveni e croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini. A salvarsi furono in 350mila. Abbandonarono tutto e scelsero l’esilio dall’Istria.

Si tratta di uno dei capitoli dolorosi della nostra storia recente.

Ma è stato lo stesso Presidente Napolitano che negli scorsi anni ha avvertito: “Le nuove generazioni non possono lasciar pesare sull’amicizia tra i nostri paesi (Italia e Slovenia) le colpe e le divisioni del passato”. Tuttoggi e troppo spesso queste ferite tornano a sanguinare e a riaprire contrasti con le giovani democrazie a noi vicine.

Per quanto riguarda la storia, invece, Napolitano precisa che un conto e’ non guardare troppo al passato, un altro rimuovere. E allora ci vuole una “obiettiva ricognizione storica”. Punto primo: “La memoria che coltiviamo è innanzitutto quella della dura esperienza del fascismo e delle sue responsabilita’ storiche”. Da questa presa di coscienza nacque l’Articolo 11 della Costituzione. Punto secondo: “Non cancelliamo nulla, tantomeno le sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del regime e della guerra”. Ragione per cui “non possiamo nemmeno dimenticare le sofferenze. Fino all’orribile morte, inflitte ad italiani assolutamente immuni da ogni colpa “.

La memoria, – è stato scritto -, dà forma e senso alla vita, proteggendola dal nulla e dall’oblio’. Con il ‘giorno della memoria’, l’Italia ha iniziato un cammino, per uscire da quel ‘nulla’ e dall’oblio e prendere finalmente coscienza di un passaggio drammatico, crudelissimo, ma incancellabile della sua storia.

Nella tragedia, gli anni delle foibe sono stati anche anni di sconfitta delle elevate tradizioni cosmopolite della città di Trieste e di tutta la Venezia Giulia, territori segnati da una formidabile dimensione multiculturale e dalla presenza sociale e culturale di consistenti e nobili comunità slovene e croate. È singolare, ma penso che non sia un caso, che la morte nelle foibe, le persecuzioni, la repressione abbiano colpito non solo i cittadini del Friuli Venezia Giulia e gli abitanti di Trieste, Gorizia, Fiume e dell’Istria tutta, ma anche i tanti italiani rimasti oltre il confine, vittime di un esilio massiccio e crudele. Dobbiamo alla volontà e alla forza degli italiani che vivevano fuori dalla loro patria se, in un contesto storico e politico difficile e spesso ostile, è stata mantenuta viva anche in quelle terre la memoria della cultura di lingua italiana e il ricordo fiero della straordinaria civiltà dell’adriatico orientale, ricca di storia, di forza intellettuale, di sapienza nel lavoro, di operosità, di esperienza nella vita sul mare e nel lavoro contadino.

Veniamo adesso più vicino a noi.

Negli ultimi giorni a Pontedera sono apparsi dei manifesti, sui muri della città, a firma di una sconosciuta “Uncrsi” nei quali si fa riferimento ai “martiri delle foibe” e nei quali si riporta in evidenza, nell’angolo in basso a destra, dove normalmente viene posizionato il simbolo delle associazioni, una foto di una Croce Celtica. Il manifesto è studiato in maniera magistrale. Infatti solamente la croce celtica stilizzata è riconosciuta come simbolo vietato dalla legge Mancino. Nel 1993, la legge Mancino ha sanzionato l’utilizzo dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce celtica stilizzata si trova ad essere equiparata alla svastica del nazismo, costituendo apologia di reato. Nella legge però non si fa riferimento alla croce celtica che in molti casi si trova nelle lapidi dei cimiteri, ad esempio nei paesi anglosassoni. Il Comune di Pontedera di fronte a questi riferimenti ambigui ha immediatamente segnalato alla questura questi manifesti per le misure opportune che saranno valutate dagli organi competenti. Sabato scorso inoltre si sono sfiorati momenti di tensione tra gruppi di estrema sinistra e i nostalgici dell’Uncrsi. Si tratta di episodi che condanniamo: la città non ha bisogno di queste tensioni.

Questa Amministrazione Comunale condanna il fascismo e ogni suo richiamo. Il Comune di Pontedera coltiva da sempre la democrazia. Che significa anche ricerca della verità senza pregiudiziali.

In questa città abbiamo dedicato una Piazza al nostro concittadino Gino Luperini, testimone positivo del triste capitolo dell’aggressione fascista alla Jugoslavia. Ma abbiamo anche ricordato le Vittime delle Foibe dedicando loro, qui, un’altra strada.

L’Amministrazione Comunale vuole continuare questo percorso di ricostruzione della verità storica, senza alcuna strumentalizzazione politica. Per questo abbiamo deciso oggi di presentare anche un documento, ad opera di alcuni docenti dell’Iti Marconi su “La storia dei confini italiani orientali: guerre, fascismo, foibe, esodo”.

Ma il capitolo delle foibe, dunque, non cambia la sostanza della storia: violenza richiama violenza. La condanna delle ideologie, come quella fascista, che fecero della violenza un valore, è inappellabile. Ed anche il capitolo delle foibe fu, di fatto, anche se non unica causa, certamente anche una conseguenza della disavventura nella quale il fascismo ci portò. Senza tacere la reazione criminale di bande che usarono la vendetta e la pulizia etnica verso i nostri connazionali e la volontà, anch’essa di stampo etnico e nazionalistico, di cancellazione della presenza culturale italiana.

Come nazionalistiche e razziste erano le motivazioni alla base dello sterminio nazista di popoli e oppositori. Pochi istanti fa abbiamo ricordato anche le vittime dell’olocausto, la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Anche di questo dobbiamo ricordare. Anche questo pesante fardello ha accompagnato la seconda guerra mondiale e le tristi ideologie nazi-fasciste di superiorità della razza.

Non si va avanti senza ricordare ma non si va avanti nemmeno guardando solo al passato. Il mondo cambia: oggi le sfide sono altre e davvero impegnative. Il Comune oggi è impegnato a rispondere a queste sfide derivanti dal fatto che il mondo è sempre più piccolo ed interdipendente e assolutamente ingovernabile e persino non interpretabile con le logiche nazionalistiche o con gli strumenti ideologici dello scorso secolo. Chiediamo quindi a tutti di guardare al futuro e non solo al passato, evitando soprattutto di strumentalizzare questo passato, e i suoi morti, ai fini della lotta politica.

Morti che invece richiedono soltanto il rispetto e l’affettuosa memoria di tutti noi. E’ questo l’appello che lancio alla città e ai presenti che ringrazio per aver condiviso questa riflessione e questa commemorazione.

Pontedera 10 febbraio 2010

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